“Lei vede ma non osserva!”
– Sherlock Holmes –
Chissà perché mi è tornato in mente un disegno che avevo in un libro della prima elementare. Era una di quelle illustrazioni che accompagnano le letture per bambini. La storielle che avevamo letto in aula parlava di due sorelle, la voce narrante era quella della sorella maggiore, Sofia.
Nel chiederci chi, nell’illustrazione, fosse Sofia, io e la mi compagna di banco non eravamo d’accordo. Ricordo ancora la mia frustrazione nel chiederle:” ma non vedi che Sofia è quella più grande?”
Non mi spiegavo come una cosa così ovvia non fosse compresa, eppure era lì, sotto i nostri occhi!
Negli anni mi sarei imbattuta spesso in quella stessa frustrazione: cercare di far vedere quello che vedevo io, non più su un disegno, ma sui volti delle persone.
Ho partecipato al primo corso di Comunicazione Non Verbale con uno spirito alla Totò: ”Vediamo questo fesso (Piercarlo) dove vuole arrivare!”
Ne sono uscita con la consapevolezza che, non solo quelle che pensavo di vedere sui volti della gente non erano tutte fantasie, ma che potevo finalmente imparare a codificare, a leggere: ad osservare.
Spesso, quando mi capita di parlare di CNV con qualcuno, mi sento rispondere:
– ”Ah si, ho capito cos’è…quindi parli il linguaggio dei segni?!” (NO!!!)
– ”CNV? E allora dimmi cosa sto pensando!” (qui in genere rispondo alla mago Oronzo: “pensa ad un numero…l’hai pensato? Bravo!)
– Comunicazione non verbale? Quindi mi stai osservando? (se quello che io chiamo “l’interruttore”, fosse sempre su “on”, sarei paranoica!)
Un’altra obiezione che spesso mi viene mossa è: “Quindi sai se qualcuno mente!”
Qualora fosse necessario lo saprei, ma non è l’unico aspetto.
Fortunatamente ci sono anche moltissime persone che mi chiedono di saperne di più, senza aspettarsi che tiri fuori dalla manica un mazzo di fiori.
Conoscere la CNV per me non significa essere una macchina della verità vivente, né essere una ficcanaso. Quello che trovo straordinario in questa disciplina è la possibilità di prestare una tale attenzione al mio interlocutore, da arrivare a comprendere gli stati d’animo che accompagnano ogni singola parola. Capire quando è il momento di approfondire un argomento, e quando è il momento di lasciar cadere. Comprendere quando, quello che ai più sembra un rifiuto, cela una paura.
L’interruttore non è sempre acceso, ma si sposta su “on” se la persona con cui sto parlando, accompagna al suo “bene”, in risposta al mio “come stai?”, una microespressione di tristezza.
Sono le emozioni a guidarmi e ad appassionarmi: conoscerle e riconoscerle. È questa la parte che più amo nell’osservazione della CNV.
Viverle a mia volta attraverso il mio interlocutore ed entrare in sintonia con lui: eccolo il mazzo di fiori!
Buona CNV a tutti!
Paola
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