prima impressione

Partiamo da un presupposto: la prima impressione conta, eccome! Come esseri umani non possiamo prescindere dall’avvertire sensazioni quando incontriamo per la prima volta qualcuno. Come molti altri meccanismi innati, anche questo ci è stato affidato da madre natura per badare alla nostra sopravvivenza.

Riuscire in pochi istanti a farsi un’idea di chi avevano di fronte è stata senz’altro un’abilità molto utile per i nostri antenati: vivendo allo stato di natura e con risorse scarse, incontrare uno sconosciuto poteva risultare un’esperienza per così dire, poco piacevole.

È per questo motivo che nel corso della nostra storia, abbiamo imparato ad avvertire sensazioni immediate nei confronti degli sconosciuti: sensazioni positive che ci hanno spinto ad aprirci alle relazioni, sensazioni negative che ci hanno tenuto alla larga da potenziali pericoli.

Ancora oggi, quando ci presentiamo a qualcuno, abbiamo le stesse percezioni. Il processo dura da 3 a 7 secondi: in questo breve lasso di tempo non riusciamo a valutare razionalmente l’altro, ma ne percepiamo tre aspetti: i livelli di cordialità, quelli di dominanza e la compatibilità sessuale con noi (se l’altro è del nostro stesso sesso, la compatibilità diviene competizione sessuale).

Questi tre aspetti sono chiaramente correlati alla sopravvivenza: sentire se l’altro ha buone o cattive intenzioni è cruciale; avvertire i suoi livelli di dominanza mi consentirà di regolarmi in scenari di crisi ed emergenza (se avrò avvertito l’altro come più dominante in un determinato contesto, mi verrà spontaneo imitarlo per mettermi in salvo… in questo modo i tempi decisionali vengono drasticamente ridotti e le probabilità di sopravvivere aumentano significativamente); infine capire se io e l’altro saremmo in grado di portare avanti la specie, di riprodurci, sarà altrettanto determinante.

Certo è che la maggior parte dei contesti che frequentiamo non ci vedono intenti a sopravvivere; bensì a fare conoscenza e costruire relazioni (professionali e personali). Farci condizionare molto dalla prima impressione può creare due distorsioni particolarmente pericolose: la prima consiste nell’avere una brutta prima impressione di qualcuno e di rimanerne condizionati anche nelle fasi successive di relazione. Potremmo restare chiusi e sospettosi, perdendo un’opportunità magari preziosa.

Al contrario (e questa è la seconda distorsione) potrebbe accadere di rimanere colpiti da un’ottima prima impressione dataci da chi, nel concreto, potrebbe invece risultare poco affidabile.

In entrambi i casi verremmo penalizzati dalla naturale distorsione percettiva data dalla prima impressione. Possiamo immaginarla come l’uscita di sicurezza di un edificio. Serve alla sopravvivenza. Giudicare le condizioni di un appartamento soltanto dalla porta d’emergenza potrebbe essere rischioso: maniglioni antipanico magnifici ed insegne luminose scintillanti, che nascondono però una catapecchia. O viceversa, un’uscita di sicurezza precaria e cadente, che invece potrebbe farci accedere ad un appartamento meraviglioso e ben rifinito.

Stiamo attenti quindi: diversi studi hanno confermato come la prima impressione tenda a perdurare in modo stabile anche dopo i primi istanti… per un bel po’! Si parla di settimane o addirittura mesi di influenza.

Come persone e come professionisti, dobbiamo tener ben presente questo meccanismo evolutivo che alcune volte può risultare tutt’altro che evoluto…

Ma siamo sicuri che gli altri usino la stessa attenzione e premura con noi? Decisamente no… e non possiamo neanche pretenderlo! Quindi non possiamo permetterci di trascurare quegli aspetti che influenzano la prima impressione che gli altri hanno di noi.

Ecco allora alcune indicazioni essenziali per poter fare un’ottima impressione nei primi contatti (aziendali, commerciali, mondani, ecc.).

Pensiamo alla cordialità: è molto importante poter comunicare a chi ci incontra che non ha nulla da temere, che può lasciarsi andare ed essere tranquillo in nostra presenza. Questo servirà ad abbassare i livelli di stress dei nostri interlocutori e quindi la loro reattività (che molto spesso rischia di innescare anche la nostra!).

Quali sono gli elementi che trasmettono cordialità?

Primo fra tutti… il sorriso. È l’espressione che più di tutte comunica apertura e cordialità, appunto.

Inoltre ha un potere d’influenza davvero strepitoso: è quasi impossibile rimanere impassibili se si riceve sorriso.

E poi, un altro aspetto importante riguarda i livelli di sicurezza personale che comunichiamo all’esterno quando sorridiamo: se questa espressione è autentica e non ostentata (altrimenti potrebbe essere per esempio una cosiddetta risatina isterica, inequivocabile segnale di tensione), comunica agli altri il nostro agio ed il nostro essere padroni della situazione. Mica male per essere un’espressione che abbiamo già praticato migliaia di volte nel corso della nostra vita!

Prima di approcciarti a chi vuoi conoscere, trova quindi un motivo per cui sorridere: se non ti viene in mente, cercalo! Ci sarà senz’altro un aspetto di quella situazione, o della tua vita in generale, per cui valga la pena di sorridere. Il messaggio sarà: “Io sono tranquillo e anche tu puoi esserlo con me.”

Altro aspetto che comunica cordialità nei primi istanti di contatto: le mani. Renderle visibili e non celate (dietro la schiena, in tasca o sotto il tavolo) è un aspetto da tenere bene a mente. Torniamo col pensiero al nostro parente preistorico. Quali sensazioni avrebbe potuto provare se avesse visto avvicinarsi un altro individuo con le mani non in vista? Per usare un eufemismo, sarebbe stato leggermente inquieto. Il timore che nelle mani potesse celare qualcosa con la quale colpirlo, magari una pietra, avrebbe preso il sopravvento.

Lo stesso vale per i nostri incontri odierni: quando ci presentiamo ad una persona (o ad un gruppo) è importante che le nostre mani restino ben visibili. Ovviamente questo non significa assumere pose ridicole, sventolando le estremità sotto al naso del nostro interlocutore (in modalità mago Silvan, per intenderci). Significa soltanto che può essere utile non occultarle. Tra l’altro quando non ci sentiamo a nostro agio potrebbe venirci spontaneo nascondere le mani (come scarico tensionale): se quindi i primi istanti di contatto con gli sconosciuti ci generano un po’ di stress, potremmo pescarci con le mani nel sacco… quindi nascoste… prestiamoci attenzione!

Un altro aspetto non verbale che influenza la cordialità è l’uso della prossemica, cioè delle distanze che manteniamo dai nostri interlocutori. Restare troppo distanti sembra il problema più grande (pensa ad esempio a quello che si dice dello stare seduti dietro alla scrivania durante un appuntamento di lavoro), ma in realtà rischia di essere ancora più controproducente l’avvicinarsi troppo, violando le distanze minime che all’altro occorrono per sentirsi a proprio agio. In alcuni contesti, per esempio quando ospitiamo l’incontro nel nostro ufficio sentendoci “a casa”, le nostre distanze potrebbero ridursi e farci finire per invadere lo spazio prossemico altrui.

Dosa quindi i tuoi movimenti quando vuoi andare incontro a qualcuno: osserva le sue reazioni e fai in modo che possa sempre sentirsi a proprio agio.

Se in alcuni casi senti che possa essere utile il contatto, la cosa importante è che questo sia laterale: un contatto dall’alto verso il basso indicherebbe prevaricazione e non sarebbe molto in linea con il nostro obiettivo di trasmettere fiducia e cordialità.

Potrebbe esserti utile conoscere i segnali non verbali di gradimento, rifiuto e tensione… puoi approfondirli attraverso qualche buona lettura (la trovi in bibliografia nel sito), oppure frequentando un corso di formazione specifico sul linguaggio del corpo.

Introducendo la prima impressione abbiamo parlato anche della dominanza come caratteristica di chi trasmette agli altri la fiducia necessaria per potersi affidare con un certo livello di tranquillità.

Ecco perché è importante curare tre aspetti del nostro non verbale che influenzano la nostra dominanza o affidabilità: il primo è il contatto oculare. Guardare negli occhi gli altri, significa a tutti gli effetti toccarli. Per questo motivo è importante trovare un buon equilibrio nei tempi: uno sguardo troppo fugace ed incerto trasmetterà insicurezza e timore. Al contrario uno sguardo insistente risulterebbe una vera e propria invasione.

Lo sguardo dovrebbe trasmettere presenza, interesse autentico e cordialità: per calibrare un giusto contatto oculare, puoi prendere come riferimento il tempo necessario a notare di che colore sono gli occhi dei tuoi interlocutori. In questo modo riuscirai a bilanciare il tuo sguardo, senza doverti focalizzare su un cervellotico e distraente conteggio dei secondi (per la cronaca sarebbero 3 o 4).

Nel caso in cui dovessi provare un po’ di disagio a mantenere il contatto oculare con qualcuno (per esempio con il tuo Capo, con alcuni Colleghi o Clienti), appunta questa competenza come tua area di miglioramento.

Il secondo aspetto che influenza la prima impressione in termini di dominanza è la postura che avrai: è fondamentale curare il tuo radicamento e la tua centratura. Per farlo poggia tutta la pianta dei tuoi piedi a terra, distribuendovi omogeneamente il peso. Evita di essere troppo sbilanciato in avanti, indietro, o da un lato (con il peso tutto su una gamba e l’altra sollevata o leggermente flessa). Immagina che da entrambi i tuoi piedi fuoriescano delle radici che affondano nel terreno: queste ti consentono di tenerti ben piantato a terra. Non vuol dire che non potrai muoverti, ma quando lo farai il tuo passo sarà deciso e saldo.

Ultimo ed importante aspetto da tenere in considerazione per aumentare i tuoi livelli di dominanza, ripeto… quella buona, è l’uso che fai della tua voce.

Oltre al timbro, sul quale potresti lavorare ma con il supporto di un esperto di dizione e pronuncia, è particolarmente importante l’intonazione che dai alle frasi. Quando affermi qualcosa, quando ti presenti, quando vuoi comunicare un messaggio che suoni forte e chiaro, può aiutarti avere un’intonazione discendente alla fine delle frasi. Questo perché le frasi che al contrario terminano con un tono ascendente, sono le domande. Immagina quindi ad affermare qualcosa, ma con il tono tipico di una domanda: il risultato sarebbe una sensazione di scarsa sicurezza e poca convinzione.

Perciò, riepiloghiamo insieme i sette segreti per migliorare la prima impressione che dai: cura la cordialità con il sorriso, tieni in mostra le mani, fai un buon uso della tua prossemica e tocca le persone lateralmente. Trasmetti un buon livello di dominanza (il che significa trasmetti fiducia) attraverso un contatto oculare equilibrato, cura la tua postura e modula la tua voce per far sì che sia influente.

Buona prima impressione!

Alberto De Panfilis

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6 Response Comments

  • Piercarlo  Settembre 1, 2015 at 4:59 pm

    Grazie Alberto per questo tuo articolo. Un ulteriore stimolo per imparare ad unire l’ascolto delle sensazioni all’osservazione delle informazioni, e per passare dalla prima impressione alla conoscenza.

    Rispondi
    • Alberto De Panfilis  Settembre 1, 2015 at 5:04 pm

      Verissimo: distinguere le informazioni dalle sensazioni è uno dei traguardi che maggiormente andrebbero ricercati. Ne va delle nostre relazioni!

      Rispondi
  • Cosimo Melle  Settembre 2, 2015 at 10:43 am

    Già solo l’immagine che hai scelto per il post spiega esattamente tutto quello che ribadisci nell’articolo.

    Grazie 😉

    Rispondi
    • Alberto De Panfilis  Settembre 2, 2015 at 12:04 pm

      Già, l’immagine parla da sola!
      Grazie per la lettura e l’interesse, Cosimo. 🙂

      Rispondi
  • stephen  Settembre 3, 2015 at 1:43 am

    Alberto grazie per aver condiviso questo post, ricco di informazioni, sicuramente indispensabili per migliorare la qualità delle nostre relazioni.

    Rispondi
    • Alberto De Panfilis  Settembre 3, 2015 at 7:52 am

      Grazie a te per l’attenzione che hai prestato alla lettura dell’articolo! 🙂

      Rispondi

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